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Il mio "Camino" verso Santiago 2014
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Buen Camino, la colazione e poi via da Palas de Rei.
Il camminare non è una fuga ma uno strumento per mettersi in ricerca, per misurarsi con i propri desideri, con le prove da affrontare per cercare i propri limiti e da lì passo dopo passo verrà una nuova esperienza di condivisione che potrà diventare un racconto, con poco: uno zaino e le scarpe giuste.
Il paesaggio inizia a cambiare seguendo prima la statale e poi un sentiero che porta a San Xiao do Camino.
E’ incredibile, ma più mi avvicino a Santiago de Compostela, più penso con tristezza quasi con terrore al momento in cui finirà, e tornerò alla vita di tutti i giorni.
Comunque sia, sono certo che mi resterà addosso per un bel po’.

Sarà difficile scordarsi tanta umanità, gli straordinari scenari che la Spagna mi ha regalato e tutte le persone che ho incontrato, con le quali ho stretto rapporti molto belli, unici, pur sapendo che ognuno di noi lascerà andare gli altri al proprio paese, al suo luogo, alle proprie origini, alle proprie famiglie, il distacco sarà difficile ma anche inevitabile.
La campana suona mezzogiorno mentre mi avvicino alla chiesa di Melide.
Sono in marcia da quattro ore e le mie gambe hanno percorso quindici chilometri e ne mancano ancora dodici da percorrere per arrivare a Ribadiso.
Superata la cittadina di Melide ho attraversato un bosco di eucalipti e felci dal profumo inebriante, una magia durata solo pochi minuti che nessuna tecnologia è in grado di riprodurre.
Sono stanco ma non è stanchezza fisica o mentale; è semplicemente una stanchezza da Camino
che solo in pochi potranno capire e ho tanta fame.
Decido allora di fermarmi a mangiare un piatto di insalata e un piatto di riso con verdure miste, molto buono!
Passate tre ore giungo a Ribadiso dopo aver percorso un paesaggio verde e ondulato con attraversamenti di ruscelli, fiumi e boschi, niente di difficile o di impegnativo ma con continui tratti di saliscendi.
Il rifugio è bello e piacevole, non è in una zona abitata ed è composto da antiche costruzioni in pietra in un prato in prossimità di un rio che scorre placido, dove è stato piacevole immergere i piedi nelle sue fresche acque.
Il pomeriggio scorre via tra fare il bucato a mano e stendere i panni che si asciugano rapidamente grazie alla bella giornata di sole e con tanta aria.
Alle ventidue rigorosamente tutti a letto, si spengono le luci, infilo la testa dentro al sacco e sono felice, felice dentro, dentro gli occhi, dentro il cuore, dentro i piedi, sono felice.
Buen Camino, faccio la colazione nel bar a fianco dell’albergue ordinando una tostadas che a mio dire è il modo più tradizionale di fare colazione ed è un’alternativa gustosa e salutare ad altri tipi di colazione a base di prodotti confezionati.
Si tratta di fette di baguette di pane casareccio tagliate per metà, tostate ed accompagnate di “ripieni” dolci o salati.
Sto per arrivare alla meta, quello di oggi è il penultimo giorno dei trentatre.
La soddisfazione per il quasi compimento del cammino si mescola con la malinconia per l’avventura che sta per terminare, l’ultima pietra miliare vista ieri segnava quaranta chilometri.
Il percorso di oggi non è particolarmente lungo solo ventidue chilometri con tanti dislivelli contenuti e qualche salita con pendenza accentuata.

Querce e castagni cominciano a vedersi sempre di meno, al loro posto tanti gli eucalipti mentre attraverso tanti piccoli villaggi tutti simili gli uni agli altri.
Cammino da quasi due ore sotto un cielo che assume lentamente una colorazione azzurra, anche oggi è sereno.
La fame comincia a tormentarmi, raggiungo Bebedeiro e mi fermo a mangiare presso un bar affacciato sulla strada dove al suo interno noto parecchi commensali nella sala da pranzo.
Altre persone conversano con il bicchiere in mano ai tavolini o appoggiate al bancone, il gestore è indaffarato e mi tocca attendere non poco per ordinare da mangiare.
In queste ultime tappe ho completamente cambiato i compagni di cammino, per lo più vacanzieri in una lunga e interminabile processione.
Certo comunque che il contorno che, al di fuori dell’ambito religioso, si respira in queste ultime tappe di cammino è quello meramente consumistico.
Superato il paese di Salceda mi fermo davanti a un piccolo monumento a ricordo di un pellegrino morto qui ad una giornata da Santiago.
Penso che il giorno seguente se tutto gli fosse andato bene sarebbe arrivato alla meta, si sarebbe potuto sedere nella piazza di fronte alla cattedrale ed essere orgoglioso di aver compiuto l’impresa.
Ma la vita a volte è crudele, all’ultimo momento quando sembra che tutto si possa compiere nel verso giusto qualcosa va storto e inevitabilmente la nostra esistenza viene sconvolta da tragici eventi.
Supero quasi di slancio parecchi pellegrini, anche in gruppi; molte sono ragazze giovani, mi stupisco della mia andatura notevolmente più veloce, come se avessi una marcia in più.
Forse era predestinazione ma con il mio procedere veloce ho raggiunto le mie compagne coreane sedute per una pausa di riposo e ristoro all’ombra al tavolo di un bar.
Mancano pochi chilometri all’albergue di Arca do Pino a Pedrouzo, dove terminerà la penultima tappa del mio cammino, e sono i più estenuanti.
Forse, sto abusando del mio fisico, ma a questo punto…