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Il mio "Camino" verso Santiago 2014
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Buen Camino, quando esco dall’albergue c’è silenzio, dopo pochi chilometri di marcia mi accorgo che non basta quello che ho mangiato come colazione in albergue e come al solito ho fame così mangio il contenuto di tutta una bustina di frutta secca.
Parlo con una coppia americana, capisco che sono partiti solo da due giorni da Sarria perché sono riposati freschi e con le scarpe pulite, mentre noi pellegrini di lunga distanza invece ci riconosciamo subito: viso tirato e abbronzato, capelli scompigliati, scarponi impolverati ma soprattutto uno zaino più capiente.
Giungo velocemente a Gonzar che dista otto chilometri dalla partenza e mi fa ridere pensare che ormai cinque o otto chilometri da percorrere sono uno scherzo per me.
Al bar incontro le ragazze che mi presentano a padre e figlia anche loro coreani, non trovo niente da mangiare che ispiri fiducia o che non sia stato sorvolato dalle mosche perciò bevo un succo d’arancia, metto un paio di banane nello zaiono e via!

Oggi volevo fare una tappa un po’ più lunga ma ho desistito per non ritrovarmi da solo, così facendo ho parlato con la ragazza appena conosciuta che parla molto bene anche lo spagnolo, una ragazza serena e cordiale che mi ha rallegrato il Camino anche durante una lunga salita dove raggiungiamo altri pellegrini conosciuti la sera prima.
Con semplicità il clima tra di noi diventa familiare, sono tutti molto simpatici.
Ogni pellegrino porta con sé la sua motivazione, tutte diverse: amore per la natura, per sport, motivi religiosi e di spiritualità, bisogno di evasione, devozione, mantenere una promessa fatta, bisogno di silenzio per poter trovare risposte o semplicemente per ripetere una esperienza già fatta.
Durante il Camino c’è tempo per stare soli, tempo per camminare con gli altri, tempo per stare in silenzio, tempo per parlare, tempo per confidarsi e tempo per ascoltare confidenze, tempo per incoraggiare e tempo per ricevere sostegno.
Cammina cammina arriviamo in prossimità di un giardino pubblico dove non credo a quello che vedono i miei occhi, un banchetto pieno di lecornie: banane, mele, fichi secchi, uva passa, noci, nocciole, biscotti fatti a mano, diverse torte e tanto altro da consumare lasciando una libera offerta, naturalmente ne approfitto.
Arriviamo all’albergue dove tutti insieme andiamo a cenare nell’apposito locale mangiando quanto acquistato al supermercato, poca spesa tanta resa, la cucina asiatica mi piace proprio.
Ho capito che serve poco, pochissimo, quasi niente per andare avanti, il resto e pesantezza nello stomaco che si aggiunge al peso che già porti sulle spalle.