Camminio 2015 -  Non un insieme di sentieri, ma un intreccio infinito di persone

Camminio 2015 - Non un insieme di sentieri, ma un intreccio infinito di persone

L’impellente desiderio di lasciare il superfluo ed iniziare a camminare dimenticando qualunque affanno può ravvivare tutta una vita. “ Il cambiamento è totale, nulla è come prima”.
Non è facile tornare a scrivere della propria esperienza sul Cammino di Santiago.
Il timore è quello di ripetere quanto già raccontato e lo stesso timore l’ho percepito anche nel momento della partenza.
Oggi è il primo di aprile e non c’è ragione speciale per cui ho deciso di partire proprio oggi, parto per il mio secondo cammino, sognato da un anno, amato fin dall'inizio.

Ripercorrerò un tratto di strada che porta alla tomba di San Giacomo e che, in oltre un millennio, hanno percorso milioni di persone.
Mi sono svegliato sereno e sono così felice che dovrei farmi un selfie per rivedere cosa sto provando in questo momento.
Guardo lo zaino che ho preparato ieri sera e penso che non sia uno scherzo.
Riparto solo come l’anno scorso per rivivere i momenti che hanno fatto battere forte il mio cuore ed arricchito la mia anima.
Momenti vissuti in compagnia della mia ombra, proiettata dal sole durante il giorno e quella visione al mio risveglio dei pellegrini nella semi oscurità della camerata.

Momenti di serenità percepiti nei piccoli paesi dove il tempo si è fermato, dove c’è molto tempo per parlare, ed anche per starsene in silenzio.
Rivivere un’esperienza dura, in cui la fatica e la convivialità mostrano la condizione umana sulla terra, meglio di qualunque documentazione e riflessione.
Da allora penso che chi non provi almeno una volta a faticare duramente con l’animo e il proprio fisico per tanti giorni di seguito non può percepire nulla di cosa accade nel mondo.
Momenti che mi hanno permesso di conoscere tante persone che hanno aperto il loro cuore, ed i loro pensieri in un microcosmo particolare, privo di stress e aggressività, dove i rapporti si sviluppano in un ambiente magico.
Dove in compagnia si sopporta meglio la fatica, ci si aiuta nei momenti di difficoltà e di sconforto.
Da soli tutto diventa più difficile, non tanto nel camminare da soli, ma in quello di trovarsi soli negli albergue la sera, cenare soli, non avere qualcuno con il quale scambiare solo due parole.

Momenti in cui accetti quello che chiede un buon compagno di viaggio, affiatato, con il quale si condivide l’interesse del cammino, simili capacità fisiche, simili esigenze, con il quale si è in grado di essere sinceri e manifestare senza remore i propri bisogni.
Momenti di vita semplici come lo star soli che consente di seguire meglio i propri ritmi interiori, ascoltare meglio le voci che vengono di dentro, assecondare meglio le esigenze del proprio fisico e della propria mente.
Momenti dove ho compreso dalla mia personale esperienza, e dal confronto con le esperienze dei molti pellegrini con i quali ho parlato, è che se si fa il cammino Francès da soli è quasi preferibile. Essere soli consente di fare più facilmente amicizia, di aggregarsi, per poi magari staccarsene dopo un giorno, dopo due, dopo dieci, oppure appena si creano obblighi di reciproca “fedeltà” che in alcune occasioni possono costituire un freno.
Momenti dove ho capito che il Cammino non è un insieme di sentieri ma un intreccio infinito di persone, che si connettono tra loro, attraverso la più grande piattaforma di relazione che l’umanità abbia mai avuto: la dialettica, il confronto, e la solidarietà attraverso la comunicazione verbale.
Momenti dove ho visto germogliare la democrazia sotto forma di accoglienza, ascolto, scambio e condivisione, dove da sempre l’incontro con l’altro è l’antidoto più efficace all’odio e al conflitto. Ecco perché ritengo il “Cammino” uno strumento di pace.

Ecco perché ciascuno di noi in “Camino” può essere un seme di non violenza.