“Cammino verso una meta preziosa con la bellezza della naturalezza, della sponteinità. Un miracolo di equilibrio sul quale si fondono l’amore, e il destino”.
Un cammino tira l'altro e sempre con il desiderio fortissimo di camminare per giungere alla tomba di Giacomo.
Ma anche di più....
Non sono tanti i giorni speciali della mia vita, ma camminando riesco a sconfiggere quel senso di solitudine e di disagio che spesso logora alcune giornate “normali”, subentra in me un'evasione ricca di pensieri che non mi ammutolisce anzi mi incita a pensare, a parlare con gli altri e a sperare che ogni pellegrino diventi mio fratello.
Le mie giornate speciali sono segnate spesso dall’arrivo di una certa luce che apre degli spazi immensi, aperti all'immaginazione, che fanno perdere quel senso di fretta e urgenza che spesso piega lo spirito.
Sognare è ormai quasi proibitivo, in un mondo dove la parola stress, risuona come il battito di un orologio.
Giornate e giornate senza nessuna paura di non tenere il passo, di non essere adeguato, di non possedere infiniti e inutili gadget che alla fine sono la corda che ci lega a bisogni indotti.
Il Cammino di Santiago è una base di lancio alla vita, per fare i conti con me stesso e relazionarmi con chi vuole parlare, vuole raccontarsi e raccontare con infinita umiltà.
Ecco perché voglio ritornarci sempre.
Ogni volta scopro delle bellezze mai vissute prima, sotto una luce specialissima.
Un cammino fatto di tolleranza e dolcezza.
Due cose che dovrei fare ogni giorno.
C’è sempre qualcuno a cui dovrei chiedere scusa.
E qualcuno da ringraziare.
Ma anche un cammino di gioia, gioia di vivere una vita non ordinaria, perchè non siamo fatti per stare da soli, ma per stare “insieme” e per condividere sempre.
Ogni anno nei giorni che precedono la partenza cerco di gestire bene il rapporto di amore/odio che si instaura con lo zaino sin dai suoi preparativi.
Inizio a risparmiare peso su tutto per non superare i sei chili e i giorni che precedono la partenza passano in un crescendo di metti/togli.
Poi alla fine, l’obiettivo è raggiunto e pesa sempre un tantino di più.
In questo cammino, quando era possibile, ho pernottato in albergue e rifugi storici, dove è tutt’ora in uso l’antica ospitalità “a donativo”.
Questi albergues sono aperti dalle parrocchie, dalle municipalità, o dagli ordini religiosi.
Quasi tutti gestiti da volontari, che dedicano parte del loro tempo ad accogliere pellegrini provenienti da tutto il mondo.
Il Cammino di Santiago non è solo un sentiero che attraversa la Spagna, in realtà è molto di più.
Non è un giro turistico e se qualcuno arriva come turista direi che ha sbagliato meta.
Questo è un luogo per chi ha la vita tra le mani, una per sé e l’altra per il mondo, un percorso per chi sente l’urgenza di allontanarsi da tutto e di avvicinarsi a tutto.
Una volta raggiunta la città di Santiago dedico diversi giorni ad abbracciare e a ritrovare i pellegrini incrociati e persi lungo il percorso.
E per concludere degnamente il mio pellegrinaggio sul cammino di santiago, vado nella cattedrale di Santiago, nella cappella del Cristo di Burgos dove padre Fabio Pallotta dei guanelliani e parroco di Arzùa e Pedroso, dal lunedì al sabato tiene una breve meditazione alla 10:00 e a seguire la Santa Messa.
Una occasione di incontro e di preghiera riservata ai pellegrini italiani.
Un ringraziamento a Don Fabio che mi ha insegnato a seguire la via straordinaria perché davvero di quella ordinaria non so che farmene.
Ora finalmente so dove camminare, dove se apro le braccia tocco sempre qualcosa, il mio corpo ha smesso di girare a vuoto.