Ho festeggiato il mio compleanno alle Cinque Terre; grazie Eolo mi hai fatto un grande regalo, ho percorso con poca fatica ben 38 miglia.
Poco prima di sopraggiungere a Viareggio, ho costeggiato le sue lunghe spiagge e le sue bianche montagne scavate per la presa dei marmi.
Mentre intorno tutto tace, salpo allontanandomi dalla spiaggia silenziosamente, con la sola vela, complice una lieve brezza da terra che fa scivolare via il kayak leggero come un palloncino.
Lungo la costa in prossimità di Marina di Pisa verso mezzo giorno sospinto da una leggera brezza il kayak proseguiva lentamente con la sua andatura al traverso.
Con lo sguardo rilassato rivolto verso la spiaggia di ghiaia bianca vedevo una persona che gesticolava e di corsa e a piedi mi seguiva lungo la spiaggia in parallelo, almeno così sembrava visto dal mare.
Successivamente dopo aver letto i post su Kayakfishingitalia ho capito che era Santiago.
Proseguendo lungo il litorale ho ammirato molto da vicino sulla foce dell’Arno diverse imponenti costruzioni realizzate in legno chiamati trabocchi che permettono di pescare “a vista” senza doversi inoltrare per mare.
In Toscana ho incontrato la prima vera termica, dopo quella incontrata in Liguria, che mi ha davvero provato e quasi deciso a spiaggiare sapendo di compromettere il mio viaggio poi ho trovato la lucidità necessaria grazie allo stato adrenalinico ed ho scelto di proseguire e il coraggio di arrivare sino al porto di San Vincenzo e li ho festeggiato il mio onomastico.

Certe volte avrei voluto che il vento fosse più costante, ma sono io che mi dovevo adattare ed è questo che ho fatto per tutto il viaggio sempre con grande devozione e grandissimo rispetto.
All’arrivo in spiaggia a volte, certi problemi che si ponevano alla partenza si ripresentavano, in particolare la scelta del punto di approdo.
“Ricordarsi che con vento di prua quando il vento soffia da terra generalmente non vi sono onde frangenti sulla spiaggia ma è meglio una spiaggia ripida per mantenere timone e deriva il più a lungo possibile.” “Ricordarsi che con poco vento di poppa, quando il mare è calmo si può arrivare con la vela spiegata e all’ultimo momento ci si porta al traverso con timone e deriva alzati e il kayak scarroccia lentamente verso la spiaggia.” “Ricordarsi che con onde lunghe che frangono in prossimità della riva su coste sabbiose e con poco fondale e con mare mosso meglio il punto più sopravvento, dove sono meno forti, perché i frangenti sono più pericolosi all’arrivo che alla partenza.
Mettersi subito sopravvento per non rischiare di scuffiare ed essere investiti dallo scafo e passargli sotto”
“Ricordarsi sempre di sollevare in tempo la deriva, il timone, i pedali e il trasduttore.” “Ricordarsi di arrivare in spiaggia con pochissima velocità, o senza velocità del tutto, il kayak è più vulnerabile a poppa che a prua.” Una volta spiaggiato, per alare il kayak almeno fino a sicurezza mi sono servito spesso dei due spezzoni dello scaletto di alaggio autocostruito, che tenevo in coperta dietro la seduta.
Più di una volta mi hanno tolto dagli impicci per non far strisciare la chiglia sulle rocce taglienti.
Tutte le mie attrezzature elettroniche, GPS, VHF, batterie del cellulare venivano ricaricate nelle soste pomeridiane, infatti cercavo sempre di fermarmi entro le quattro e mai oltre le cinque, in modo da dare al pannello solare la possibilità di ricaricare il mio multi-caricatore.
Ogni mattina, i miei gesti erano codificati e per un’ora mi dedicavo a quella che sarebbe diventata una routine, forse l’unica ripetuta meticolosamente per tutti i miei giorni in mare, tanto da rendermi conto che il carico, intendo dire l’abbigliamento e gli accessori vari erano eccessivi, mal riposti e avrebbero potuto essere in minor quantità.
Di certo avrei potuto rinunciare alla schiuma e alle lamette, visto che non ho mai avuto né il tempo, ne la voglia di fare la barba che allungandosi, oltre a segnare il tempo trascorso mi è stata utile come protezione solare per il viso.