Il cammino portoghese mette le ali ai piedi anche se non è una bevanda energetica.
Anche se una parte del percorso continua a ricordarmi “il divino zoppicare”.
Non mi sono fermato perché sono un disobbediente, non lo sono intenzionalmente perché in questo sta la mia leggerezza e la flessibilità mentale.
Non pensare continuamente al traguardo per evitare di appesantire la mente, mi ha fatto quantificare il mio livello di resistenza al dolore fisico, che reputo solo come mentale e riconoscere la forza nel riuscire ad affrontare ogni situazione cogliendo il lato positivo per competere innanzitutto con me stesso.
Mettere l’obiettivo finale da parte perché il meglio, che ogni camminante può dare, e anche qualcosa in più può arrivare solo se si è leggeri.
Leggeri da qualsiasi frustrazione, che si può provare al solo immaginare di fallire dopo tanti sacrifici spesi per arrivare dove si sogna; leggeri dal peso provocato da quel voler dimostrare il proprio valore, leggeri da quel volersi affermare dimenticando gli ingredienti per ottenere un buon cammino.
Sentire che ognuno è libero di sognare, di arrivare alla meta per condividerla tutta o in parte.
Amo il percorso e camminare mi entra nella testa come il detto, che il miglior risultato si ottiene quando c’è il divertimento.
E’ proprio vero ma dietro a questa frase c’è molto di più, perchè il divertimento nel camminare per un mese intero, lo si raggiunge solo quando si cammina per se stessi. Il cammino è passione, ossessione, il cammino è qualcosa senza la quale non vivi e pensare che in un ipotetico futuro prossimo, il successivo sarà tutto differente.
Il cammino mi ha fatto conoscere persone che non conoscevo per me, ora amici.
Mi ha portato vicino quello che era lontano e reso l’estraneo un fratello. In fondo al cuore sentire che il vecchio dimora nel nuovo e ovunque il cammino conduce, unisce a legami di gioia l’animo, il mio animo a ciò fino ad ora, per me non era familiare.